giovedì 27 novembre 2014

Włosi (Italiani)




Ho finito di leggere il libro “Włosi” (Italiani) di Maciej Borowski. Lo ha scritto un polacco che ha vissuto dieci anni in Italia e in questo libro voleva dare una descrizione soggettiva del bel paese.

A giudicare dalla copertina mi aspettavo molto peggio. L’autore però non racconta cose false e cita le fonti (che possono essere articoli o libri) di molte delle cose che scrive, ma è indubbio che si tratta di un libro soggettivo e l’autore stesso lo scrive e questo lo si vede anche dagli argomenti di cui decide di parlare e da quelli che decide di evitare.

Come molti libri scritti da stranieri sull’Italia, pone molto accento sulle differenze regionali e sui dialetti che gli Italiani difendono vigorosamente. Il che è molto diverso dalla Polonia, dove praticamente non esistono accenti regionali, con le sole grosse eccezioni della Slesia e della Casciubia. Mi ha sorpreso che nel libro si affrontasse il tema del mezzogiorno, entrando in temi ancora in parte tabù in Italia, come la repressione del brigantaggio e la svendita del sud dopo l’unità d’Italia. Della mafia si parla sorprendentemente poco, la criminalità in generale è un argomento poco interessante per i polacchi, poiché ce n’è abbastanza in Polonia - se fosse un libro di un tedesco o di un americano, se ne parlerebbe minimo per un intero capitolo.

Non mi sorprende invece, che non si parli degli ampi diritti di cui godono le minoranze linguistiche in Italia, come i tedeschi dell’Alto Adige, non ne hanno altrettanti le minoranze tedesche in Polonia. Altri argomenti che potrebbero essere controversi in Polonia vengono evitati. Non si parla, ad esempio, delle ineguaglianze e delle lotte di classe, del terrorismo, dei sindacati, del fatto che molte ditte chiudono in Italia per aprire in Polonia, dove i costi del lavoro sono inferiori. In generale sulla politica si limita a scrivere che gli italiani aspettano ancora “il Salvatore”  e che comunque, nonostante tutto, la politica in Italia non divide la gente come in Polonia. Il che è un’opinione perlomeno soggettiva.

Dedica un intero capitolo alla storia della moda in Italia, ma non dice praticamente niente sullo sviluppo industriale del bel paese. Che l’Italia abbia la seconda capacità produttiva in Europa, dopo la Germania, non gli interessa. E’ evidente che l’autore non ama parlare di economia ed industria, però scrive che in Italia comunque “valgono le regole del business internazionale”. In base alla mia esperienza, questa è un’affermazione molto pericolosa da fare in Polonia, dove a molta gente piace credere che basti conoscere un po’ d’inglese ed alcune fantomatiche regole di business internazionale per avere successo ovunque. Ma io credo che senza conoscere le specificità del paese, in particolare di un paese come l’Italia, il successo sarà limitato.

Probabilmente la cosa nel libro che mi è sembrata più balorda è l’affermazione che gli Italiani non leggono, quei pochi che vedi con un libro hanno la batteria del telefonino o del portatile scarica. Cita delle statistiche, peccato che ne esistano di analoghe per la Polonia che dimostrano che i polacchi leggono ancora meno! E guarda dall’alto al basso gli italiani adulti che leggono fumetti, che secondo lui sono roba per bambini. In Polonia il fumetto come forma di letteratura, a parte poche eccezioni come Thorgal, non è infatti conosciuto.

Mi è invece piaciuto il capitolo sulle abitudini alimentari degli Italiani. Gli italiani, è vero, mangiano la frutta di stagione. In Polonia (come in Germania) trovi ad esempio le arance tutto l’anno, ma ci vuole fantasia a chiamarle arance - infatti quando tornavo dall’Italia in auto avevo sempre il baule pieno di frutta fresca. Accenna a certe curiose abitudini degli italiani, come il cappuccino che si può bere solo di mattina o il fatto che il formaggio non si mette sugli spaghetti allo scoglio. E insegna ai polacchi che sulla pizza non si mette il ketchup, questa è una pessima abitudine che hanno preso dagli americani che a loro piace imitare anche nelle cose sbagliate.

Sicuramente però per un polacco vale la pena leggere questo libro se non altro per imparare i tranelli più comuni di quando si impara l’italiano. “Figa” in italiano è una brutta parola e non un nome che si dà a una gatta o ad una cagnolina come in Polonia, bisogna inoltre fare attenzione alle doppie e a non confondere “penne” con “pene” oppure “anni” con “ani”. Come d'altra parte in polacco “Kurwa” è una brutta parola da evitare e non ha niente a che vedere con le curve. Che non vi capiti di fare un incidente in macchina come è quasi successo a un mio conoscente quando ha detto al suo autista polacco “Attento alla curva!”.


mercoledì 19 novembre 2014

Tibia


A volte si ha voglia di ammazzare qualcuno. Nella vita reale questo non è permesso, ma in compenso questo si può fare in un videogioco.

Un videogioco a cui sono affezionato, nonostante tutto, è Tibia. E’ un gioco del genere MMORPG, ovvero Massive Multiplayer Online Role Playing Game. Esiste dal 1997 e rispetto ai giochi di oggi ha un aspetto molto retrò, infatti è a 2D, a due dimensioni. E’ stato creato da Cipsoft, di Regensburg ( Germania ).

Tibia ha conosciuto tempi migliori e sicuramente avrebbe meritato di avere molto più successo. Però anche nella sua nicchia è stato declassato da altri giochi, ad esempio Runescape. Esistono molte ragioni per questo.

Cipsoft non è mai riuscita a risolvere il problema dei botters, ovvero dei giocatori che usano dei programmi che giocano automaticamente. Il sistema di protezione dei giocatori dalle prepotenze di quelli più forti lascia alquanto a desiderare. Ma ancora peggiore è il fatto che non è mai nata una vera community. 

La politica di Cipsoft è che tutto nel gioco deve essere in inglese e incoraggia i giocatori a parlare a loro volta sempre in inglese, “così tutti vi capiranno”. Questa è una politica molto diversa ad esempio di un altro colosso dei giochi online tedesco, Traviangames, che ha creato centinaia di “mondi” del gioco di Travian, ma “segregati” per lingua, per cui esistono mondi virtuali dove si parla polacco, italiano, ceco, tedesco, francese, arabo, russo…..

In Tibia esistono pure diversi mondi, ma non sono segregati per lingua e nella pratica si verifica che i giocatori di diverse nazioni formano gruppetti. Anzi, formavano, visto che da tempo i server di Tibia hanno finito per essere completamente dominati da giocatori di determinate nazioni che parlano nella loro lingua e per la natura competitiva del gioco non danno molte possibilità a giocatori di altre nazioni.

I server europei di Tibia sono dominati da giocatori polacchi, quelli nel continente americano dai brasiliani. Se si comincia a giocare a Tibia in Europa i messaggi nel forum dentro il gioco sono quasi esclusivamente in polacco. La Cipsoft ha rinunciato da parecchio a lottare contro questo stato di fatto, il che implica che per giocatori non polacchi il mondo di Tibia è alquanto poco ospitale. C’è infatti chi dice che Tibia è stata rovinata dai brasiliani e dai polacchi. 

Mentre in Germania praticamente nessuno conosce Tibia, in Polonia tutti conoscono questo gioco, anche persone che non giocano. In parte perché sembra che quasi tutti gli adolescenti e i giovani ci abbiano giocato almeno una volta, in parte perchè anche i mezzi di comunicazione di massa ne hanno parlato, quando un sedicenne a Wroclaw ha ucciso la mamma perché le aveva spento il computer, appunto mentre giocava a Tibia. La Polonia per il resto ha un alto livello di giocodipendenza.

Sono tornato a giocare a Tibia perché avevo voglia di vedere cosa è cambiato e avevo voglia di distrarmi. E’ ancora dominata da polacchi, ma in parte perché so il polacco, in parte perché i polacchi che ancora giocano sono diventati ormai adulti, non è così inospitale come me la ricordo. Il mondo di Tibia è immenso, il gioco è complesso e non basterebbe una vita a finirlo. Conosco alcuni aspetti del gioco che mi permettono di passarmela abbastanza bene.

Il mio personaggio è un druido di livello 38 (esistono quattri classi:  guerrieri, paladini, maghi e druidi). Ben poca cosa, visto che esistono giocatori di livello 800 e passa. Considerando il tempo che posso dedicarci e non avendo amici in gioco che mi aiutano è un risultato che mi basta. E posso ammazzare qualche “mostro” di tanto in tanto.

mercoledì 12 novembre 2014

Attenti alle curve !




Quando l’anno scorso ero ancora in Germania e stavo pianificando di trasferirmi in Polonia, un collega polacco mi diede un consiglio: se incominci a parlare in polacco, fai di tutto per non imparare la parola “Kurwa”. E’ una parola che molti polacchi abusano, ma non suona bene, soprattutto se viene pronunciata da uno straniero.

Effettivamente durante i primi sei mesi di permanenza in Polonia non ho mai pronunciato quella parola, nonostante la sentissi spesso dai colleghi. Ma poi sono successe diverse cose.

Per prima cosa ho cominciato a guardare dei film polacchi. In Polonia le parolacce hanno cominciato a dirle nei film ed in tv solo a partire dagli anni 90. Il film 'Psy', del 93, ha fatto da spartiacque. Sono però solo questi film recenti che mi interessano, quelli dell’epoca comunista per lo più mi fanno addormentare.

Poi vedendo i comportamenti sul lavoro ho avuto l’impressione che la gente in Polonia ti ascolta di più quando nei tuoi discorsi metti una “Kurwa” ogni tanto. Inoltre è una parola che permette di guadagnare tempo quando non si sa esattamente cosa si vuol dire, ti dà una frazione di secondo in più per pensare.

Mi hanno fatto vedere questo video, in cui viene spiegato quanto è importante l’uso di questa parola nella conversazione polacca. Ho letto il libro "Homo corporaticus, czyli przewodnik przetrwania w korporacji"(Come sopravvivere nelle corporations), in cui viene spiegato che in Polonia sul lavoro è fondamentale dire spesso parolacce, per far vedere di essere dei duri. E più volte mi è stato detto che non si può dire che si sa bene il polacco se non si usa la parola “kurwa”.

Allora quasi inconsciamente ho incominciato ad usare questa parola, ed effettivamente mi è sembrato che i colleghi mi rispettassero di più e mi ascoltassero con maggiore attenzione. E’ anche una delle parole più facili da pronunciare in polacco.

Bisogna però ricordare una cosa: questa parola dà fastidio alle donne, probabilmente per il significato di prostituta, che in Polonia ha una connotazione molto negativa. Inoltre in un paese sessista come la Polonia le donne di solito non dicono le parolacce e sono particolarmente infastidite dal sentirle. Non è raro che comincino delle crociate per combattere l’uso delle parolacce, magari facendo di tutto per introdurre dei “regolamenti” contro il loro uso: una parolaccia, una moneta nella cassa comune.

A complicare ulteriormente la faccenda è il fatto che le varianti di “Kurwa”, ovvero “Kurczę”, “Kurka”, “Kurna” o addirittura “Kurdy”, non vengono considerate parolacce. La stessa persona che combatte contro l’uso della parola “Kurwa” può non vedere nessun problema nell’uso continuo della parola “Kurna” o “Kurdy”.

Ho smesso di usare la parola “Kurwa”, perché il mio uso “inopportuno” ed "eccessivo" "disturbava" le colleghe. Anche se i miei colleghi (maschi) continuano ad usarla. Vorrà dire che dirò le parolacce in italiano. Beh, per un periodo ho dovuto subire un regolamento che impediva anche di imprecare in italiano, benché nessun altro sapesse la lingua. Vi lascio immaginare che fine ha fatto quel regolamento.