mercoledì 31 dicembre 2014

Il mito del Polacco come lingua più difficile di tutte

Questa è una lingua difficile - ma non è il polacco
Esiste un articolo che circola su internet e che molti amano citare, secondo il quale il polacco è la lingua più difficile al mondo, ancora più difficile del cinese, dell'arabo o del giapponese. Questa affermazione inverosimile viene  giustificata con una formula misteriosa e pseudo-scientifica. Fonti più autorevoli, come ad esempio il dipartimento di stato degli Stati Uniti, considerano il polacco come delle una delle lingue più difficile solo tra le lingue europee, insieme a molte altre come ceco, albanese ed ungherese (questo più difficile del polacco), ma non certo difficile come arabo, cinese o giapponese.

Non so come abbia fatto il polacco a meritarsi questa reputazione di lingua più difficile di tutte, reputazione che gli stessi polacchi sembrano condividere con entusiasmo. Da questo punto di vista si comportano in modo completamente opposto rispetto ai russi, a cui non piace sentire che la loro lingua è difficile e si aspettano che gli stranieri che abitano in Russia la imparino. Il russo però è difficile almeno come il polacco.

Sono quattro le abilità che determinano la conoscenza di una lingua: leggere, scrivere, parlare, ascoltare. Cinque se ci mettiamo la conoscenza delle grammatica. In una lingua straniera io amo molto leggere, e non mi verrete a raccontare che leggere in cinese od arabo è più facile che leggere in polacco, che tutto sommato usa un alfabeto latino ampliato a 32 caratteri.

E' vero che il polacco non è una della lingue più nitide nella pronuncia, infatti non è sempre facile distinguere le consonanti molli da quelle dure in un discorso ( ć - cz, ś - sz, ż -ź, dż - dź ). Questa è l'unica vera difficoltà quando si ascolta il polacco, che rende la comprensione forse un po' più difficile rispetto a lingue come italiano, spagnolo, russo, ucraino e tedesco. Ma lingue più diffuse come inglese e francese sono molto più terribili da questo punto di vista, basta che ti sfugga un suono per non capire tutta la frase. Anzi, anche se non ti sfugge niente una frase in queste lingua può ugualmente essere completamente incomprensibile senza il contesto. E' questo quello che io chiamo ridondanza in una lingua - la molto maggiore probabilità di capire una frase anche se ti sfugge qualcosa. Il polacco da questo punto di vista secondo me è nella media europea.

Che cosa è veramente difficile nel polacco, parlare? Ebbene sì, il polacco è una delle lingue più ricche di fonemi (41 in totale) , che bisogna imparare tutti, vanno studiati ed esercitati. Bisogna averli sentiti e che qualcuno ti abbia spiegato come riprodurli. Personalmente non ho trovato niente di stratosferico in essi e trovo la pronuncia dell'inglese molto più difficile, basti vedere il corrispettivo schema dei fonemi  (sono almeno 44 i fonemi in inglese, che si possono sentire qui ). In polacco le parole inoltre si scrivono come si pronunciano e l'accento è regolare, sempre sulla penultima sillaba. Con un po' di esercizio si può pronunciare persino "W Szczebrzeszynie chrząszcz brzmi w trzcinie". No, non può essere questa la difficoltà insormontabile del polacco.

La grammatica della lingua polacca, è vero, è complessa. Tanta gente sembra avere grossi problemi a digerire i casi (che ci sono però in quasi tutte le lingue dell'est europeo ed in tedesco). Questo perché vogliono imparare il polacco senza studiare, per così dire "on the road". Se non si ha la disciplina di studiare allora è vero che il polacco è una delle lingue peggiori da imparare. Ma dubito molto che in questo caso si possa imparare bene anche qualsiasi altra lingua.

Quello che è veramente difficile in polacco, più difficile che in altre lingue, è scrivere senza errori di ortografia e di grammatica. Persino molti polacchi non ne sono capaci. Dopo diversi anni che studio la lingua, non riesco ancora a fare a meno di un programma di correzione automatica. E' qui che forse sta la chiave della reputazione del polacco come lingua più difficile di tutte.

Quando i polacchi studiano le lingue a scuola, non vengono incoraggiati a parlare, ma al contrario penalizzati e rimproverati per qualsiasi errore. Escono dalla scuola spesso col terrore di parlare e di sbagliare.  Ma questo è un atteggiamento fatale se si vuole migliorare la conoscenza di qualsiasi lingua, poiché la perfezione è quasi impossibile da raggiungere e un obiettivo molto più sensato e pratico e quello semplicemente di capire e farsi capire.

Quello che i polacchi in realta pensano è che il polacco è la lingua in cui si finirà per fare più errori rispetto ad altre, parlando e scrivendo. Ma è poi così importante, se l’obiettivo è semplicemente comunicare ?

 Vedi anche questo post sullo stesso argomento

sabato 27 dicembre 2014

Dittatura della maggioranza

No, la democrazia non è la dittatura della maggioranza
Si dice che in democrazia vince la maggioranza. Ma anche gli antichi greci sapevano che ci sono dei distinguo. In particolare molti autori, tra cui anche il famoso Tocqueville, avvertono che la democrazia non va confusa con una “dittatura della maggioranza”. Questa situazione si verifica quando il governo della maggioranza viene giustificato per opprimere una minoranza e toglierle dei diritti o perseguitarla.

Esistono molti esempi nella storia di dittature delle maggioranza, uno di questi è il fascismo in Italia, andato al potere con un “listone”. Anche il nazismo in Germania è andato al potere vincendo le elezioni. E’ probabile che entrambi questi regimi ad un certo punto fossero sostenuti dalla maggior parte della popolazione. Si pone quindi la domanda: se in una nazione una maggioranza decide di togliere dei diritti o di eliminare una minoranza, come è stato nel caso degli ebrei nel nazismo, si tratta di democrazia? Ovviamente no. Esistono diritti di base della persona che sono intoccabili e non possono essere tolti da una decisione di una “maggioranza”.

Esistono esempi più recenti di decisioni arbitrarie prese da una maggioranza. E’ giusto non consentire alla minoranze russe in Ucraina l’uso ufficiale della lingua, se la maggioranza degli ucraini vuole proibirlo? E’ giusto annettere illegalmente la Crimea ed invadere l’Ucraina, se la maggioranza dei russi la pensa così? Quando due maggioranze la pensano diversamente, la guerra diventa quasi un corollario.

Inoltre è giusto limitare i diritti di chi ha uno stile di vita diverso, se così la pensa la maggioranza ? Nella Russia di Putin ovviamente sì. La Russia di oggi è un esempio moderno dei pericoli della dittatura della maggioranza, se vogliamo credere ai sondaggi secondo cui Putin è sostenuto dal grosso della popolazione.

L’interpretazione della democrazia nei paesi ex comunisti spesso e volentieri non prende in considerazione i pericoli della dittatura della maggioranza. Questo deriva dal fatto che per molti di loro il contrario della democrazia è una dittatura della minoranza tenuta in piedi da una potenza straniera, quella che c’era ad esempio nella Repubblica Popolare Polacca. Per molti polacchi, se una decisione viene presa dalla maggioranza, non può essere sbagliata.

Uno degli esempi che ha fatto più scalpore è quello dell’ancora popolare Lech Walesa. Quando combatteva il comunismo egli era convinto di essere nel giusto perché sapeva che “la maggior parte dei polacchi era con lui”. Una volta al potere ha dimostrato che essere anticomunista non implica per forza essere democratici. E’ questa una persona che più volte ha sostenuto che ai rappresentanti di minoranze non si deve dare potere politico, siano essi ebrei od omosessuali. Cosa risponde quando viene accusato di discriminazione? “La maggior parte dei polacchi la pensa come me”.

Anche nel mio piccolo ho potuto vedere in Polonia situazioni in cui sono state prese decisioni discriminatorie da una maggioranza, che mi obbligavano a cambiare dei miei comportamenti che non davano fastidio a nessuno. E alle mie richieste di spiegazioni perché fossero necessarie, sentire la risposta “Perché la maggioranza la pensa così e questa è la democrazia”. Sarebbe come se lavorando assieme ad un gruppo di arabi mi costringessero "democraticamente" a diventare musulmano. Ce ne sono tanti che dovrebbero istruirsi prima di parlare di democrazia.

giovedì 18 dicembre 2014

Internet finalmente



Dal mio arrivo in Polonia, un anno e mezzo fa fino ad un mese fa, non ho avuto a casa mia un accesso stabile ad internet. Ho comprato una carta prepagata, quella di Orange free na Karte, che però oltre ad avere un volume di dati limitato (6GB per 100 zloty) non funzionava bene all’interno del mio appartamento. Infatti per usare Skype dovevo andare sul balcone o scendere in cortile.

Ho allora pensato di installare internet fisso ed ho fatto venire i tecnici, ma è risultato che il mio appartamento per qualche ragione non è collegato alla rete telefonica. Secondo i tecnici bisognerebbe tirare un filo dalla cabina che passa per il corridoio, e poiché è un’operazione non standard dovrei fare domanda alla amministrazione condominiale affinché mi venga consentito, il che però è improbabile.

Ho deciso di passare allora al piano B e di fare un abbonamento ad internet mobile. Ci avevo già provato, come ho descritto in un post precedente, senza successo. Stavolta sono andato al negozio di T-Mobile che mi ha chiesto passaporto, permesso di residenza, PESEL ed il certificato di assunzione a tempo indeterminato. L’impiegata ha quindi avviato una comunicazione con la centrale per ottenere il consenso, che ho ottenuto.

Col mio contratto ho a disposizione un volume di 90GB al mese. Ho inoltre comprato un pacchetto che mi consente di navigare in maniera illimitata durante la notte. Ma la cosa più importante è il miglioramento della connessione, infatti adesso posso usare Skype senza dovere andare sul balcone. Ho però scoperto un programma alternativo che richiede meno banda, ooVoo.

Ho inoltre comprato un netbook, un Toshiba Satellite, che uso in combinazione col mio nuovo collegamento mobile e che sto usando per scrivere questo articolo su Google Docs. Un computer così piccolo è tra l’altro perfettamente in grado di far girare dei giochi che a suo tempo richiedevano computer dell’ultima generazione, come Rise of Nations o Civilization IV. Non ho potuto resistere e li ho installati sul mio netbook . Perché quando le cose non vanno troppo bene c’è bisogno di giocare un pò per smaltire la tensione.

Quello che non farò più è giocare a Tibia, ho infatti deciso di “suicidare” il mio druido di livello 43 e i suoi personaggi alternativi. Ritiro quello che ho detto nel precedente articolo - la comunità di Tibia è ancora immatura e inospitale come me la ricordavo, l’unica differenza è che sono in meno a giocare. Farsi ammazzare in gioco senza ragione da adolescenti che mi sfottono volgarmente in polacco non è in ogni caso il modo migliore per rilassarsi dopo il lavoro.

mercoledì 10 dicembre 2014

Il cliente ha sempre ragione

"Con cortesia e premura serviamo i compagni lavoratori"

A volte capita di non soddisfare il cliente. Quando questo succede, non serve voler dimostrare a tutti i costi che questo è successo per colpa sua. Al cliente questo non interessa perché cerca qualcuno che gli risolva i problemi, con cui sia facile e piacevole lavorare e che non lo faccia sentire stupido. Perché la relazione col cliente non è una relazione simmetrica - di solito tu hai più bisogno di lui più di quanto lui abbia bisogno di te. Ci sono sicuramente altre persone o ditte in grado di fare il lavoro che stai facendo tu per lui, inevitabilmente quindi il cliente ti confronterà con la concorrenza.

E’ poi molto improbabile che un cliente dica che è completamente soddisfatto. Avrà sempre delle pretese, ma se veramente non fosse contento avrebbe già smesso di lavorare con te. Mi piace pensare che il rapporto con un cliente non è molto lontano dal rapporto con una moglie. Anche con la moglie non è una buona politica volerle dimostrare di avere ragione a tutti i costi e se è ancora con te, vuol dire che un po’ soddisfatta di te lo è.

Nei paesi dell’est ancora pochi hanno interiorizzato queste che per me sono state sempre realtà immutabili. Vedo spesso un atteggiamento polemico nei confronti del cliente, che è molto dannoso nell’europa occidentale. Più o meno inconsciamente vedono il cliente come un nemico e non un partner con cui si realizza un obiettivo comune, ammesso, ovviamente che paghi. Una delle ragioni di questo atteggiamento è che nel comunismo erano i fornitori a comandare il mercato.

Sarà vero che i polacchi che hanno trenta o trentacinque anni il comunismo non l’hanno vissuto, ma non me la raccontano che oramai sono “capitalisti”. Chi è nato e vissuto in un paese dell’est non può avere avuto molti modelli “positivi” da imitare e da cui apprendere la professionalità nei rapporti col cliente. I loro genitori ed i loro insegnanti non gliela possono avere insegnata, anzi, spesso li hanno convinti che è sbagliato pensare con la propria testa e prendere delle iniziative e di altre cose non di aiuto in un mercato più o meno libero. Quando una cosa te la inculcano da bambino, è difficile liberarsene, per quante volte la realtà ti dimostri che è completamente sbagliata.

Ovvio che i progressi ci sono stati - vent’anni fa in qualsiasi negozio si entrasse in Polonia si aveva la sensazione di non essere il benvenuto. Dall’atteggiamento del comunismo in cui il cliente lo si odiava si è passato perlomeno ad un rapporto paritario, che però in settori dove esiste una concorrenza spietata può non bastare. Lo si compensa tra le altre cose facendo prezzi più bassi.

Ogni medaglia, però, ha il suo rovescio. Una delle eredità positive del comunismo è un sistema di istruzione esteso e a cui i meritevoli possono avere accesso quasi indipendentemente dalla situazione finanziaria delle famiglie. Le competenze tecniche dei laureati polacchi e la motivazione ad usare ed apprendere nuove tecnologie, inoltre, non cessano di stupirmi. E’ persino lo stesso mercato del lavoro a non richiedere competenze interpersonali, non pochi imprenditori dicono che non gli dispiace un programmatore che si concentra esclusivamente sull’aspetto tecnico.   Ma a maggior ragione le soft skills in Polonia aprono molte porte, perché sono competenze non scontate. Peccato però che per molti polacchi si pone allora il problema : da chi impararle ?

sabato 6 dicembre 2014

No....

Può capitare di andare per strada in Polonia e sentire qualcuno che dice ripetutamente al telefono “No...No...No….” o di sentire in una conversazione tra polacchi come risposta a una domanda “No….”. In quel contesto “No” non significa, come ci si potrebbe aspettare, “No!”, ma in realtà significa….. "Sì"! Con questa parolina si fa sapere all’interlocutore che si è capito, si approva quello che ha detto e lo si incoraggia ad andare avanti.

Mi è capitato in un lapsus di voler dire di no, e di averlo detto in italiano, ma usando la parola “No" il mio interlocutore aveva capito “Sì”. Avrei dovuto dire “Nie”. Leggendaria è la storia dell’italiano invitato a cena da una famiglia polacca, a cui veniva continuamente offerto da bere e da mangiare nonostante dicesse “No!”, che i polacchi invece interpretano come : “No! E me lo chiedi ? Certo che ne voglio ancora!”.

Anche la parola “Dziękuję” (Grazie) ha dei significati nascosti. A volte è un modo educato per dire di no, per cui se lo si dice a qualcuno che ti offre da bere viene interpretato come no. Per dire sì, si dice “No” (o semplicemente "Tak"), per dire no si dice “Dziękuję”, perche “Nie” suona maleducato. Tutto chiaro ?

Se si dice “Dziękuję” ad un cameriere o ad un tassista mentre lo si sta pagando, significa implicitamente “Si tenga il resto”. In generale i polacchi non dicono “Reszty nie trzeba” ma semplicemente “Dziękuję”. Per far capire invece quanto si vuole effettivamente avere di resto, si può dire la cifra che si vuole effettivamente pagare. La mancia comunque in Polonia di solito non se la aspettano.

Una cosa da evitare dei negozi è dire “Vorrei” (ad esempio una birra). Non si dice “Chciałbym piwo*.”, ma piuttosto “Piwo, Proszę”, come questo signore, oppure "Poproszę o piwo". Letteralmente significa “Chiedo (gentilmente) una birra”. Dire che si “vorrebbe” una birra suona strano. Come pure non si chiede a un ospite o ad un cliente se vuole qualcosa da bere, ma basta semplicemente dire “Coś  (jeszcze) podać ?” - "Ti dò (dell’altro) da bere ?" Bisogna venire subito al sodo in Polonia.

Nonostante i polacchi siano anglofili, al posto di molte parole inglesi vengono usate quelle polacche. Per non sapere che “check-in” si dice “odprawa” mi è capitato di perdere l’aereo. Ma sono i termini tecnici informatici che mi hanno creato le maggiori difficoltà. Infatti “query” si dice “zapytanie”, “di default” si dice “domyślnie”, “loop” si dice “pętlo”, variabile si dice “zmienna” e “downloads” sono “pobrane” . Ma a volte i colleghi creano dei neologismi inaspettati, “buttons” diventano “butony”, pronunciato “batony”, che ho cercato inutilmente nel vocabolario. Ma anche per il bottone dell’interfaccia di un programma esiste in realtà un bel termine polacco: “przycisk”.