mercoledì 10 dicembre 2014

Il cliente ha sempre ragione

"Con cortesia e premura serviamo i compagni lavoratori"

A volte capita di non soddisfare il cliente. Quando questo succede, non serve voler dimostrare a tutti i costi che questo è successo per colpa sua. Al cliente questo non interessa perché cerca qualcuno che gli risolva i problemi, con cui sia facile e piacevole lavorare e che non lo faccia sentire stupido. Perché la relazione col cliente non è una relazione simmetrica - di solito tu hai più bisogno di lui più di quanto lui abbia bisogno di te. Ci sono sicuramente altre persone o ditte in grado di fare il lavoro che stai facendo tu per lui, inevitabilmente quindi il cliente ti confronterà con la concorrenza.

E’ poi molto improbabile che un cliente dica che è completamente soddisfatto. Avrà sempre delle pretese, ma se veramente non fosse contento avrebbe già smesso di lavorare con te. Mi piace pensare che il rapporto con un cliente non è molto lontano dal rapporto con una moglie. Anche con la moglie non è una buona politica volerle dimostrare di avere ragione a tutti i costi e se è ancora con te, vuol dire che un po’ soddisfatta di te lo è.

Nei paesi dell’est ancora pochi hanno interiorizzato queste che per me sono state sempre realtà immutabili. Vedo spesso un atteggiamento polemico nei confronti del cliente, che è molto dannoso nell’europa occidentale. Più o meno inconsciamente vedono il cliente come un nemico e non un partner con cui si realizza un obiettivo comune, ammesso, ovviamente che paghi. Una delle ragioni di questo atteggiamento è che nel comunismo erano i fornitori a comandare il mercato.

Sarà vero che i polacchi che hanno trenta o trentacinque anni il comunismo non l’hanno vissuto, ma non me la raccontano che oramai sono “capitalisti”. Chi è nato e vissuto in un paese dell’est non può avere avuto molti modelli “positivi” da imitare e da cui apprendere la professionalità nei rapporti col cliente. I loro genitori ed i loro insegnanti non gliela possono avere insegnata, anzi, spesso li hanno convinti che è sbagliato pensare con la propria testa e prendere delle iniziative e di altre cose non di aiuto in un mercato più o meno libero. Quando una cosa te la inculcano da bambino, è difficile liberarsene, per quante volte la realtà ti dimostri che è completamente sbagliata.

Ovvio che i progressi ci sono stati - vent’anni fa in qualsiasi negozio si entrasse in Polonia si aveva la sensazione di non essere il benvenuto. Dall’atteggiamento del comunismo in cui il cliente lo si odiava si è passato perlomeno ad un rapporto paritario, che però in settori dove esiste una concorrenza spietata può non bastare. Lo si compensa tra le altre cose facendo prezzi più bassi.

Ogni medaglia, però, ha il suo rovescio. Una delle eredità positive del comunismo è un sistema di istruzione esteso e a cui i meritevoli possono avere accesso quasi indipendentemente dalla situazione finanziaria delle famiglie. Le competenze tecniche dei laureati polacchi e la motivazione ad usare ed apprendere nuove tecnologie, inoltre, non cessano di stupirmi. E’ persino lo stesso mercato del lavoro a non richiedere competenze interpersonali, non pochi imprenditori dicono che non gli dispiace un programmatore che si concentra esclusivamente sull’aspetto tecnico.   Ma a maggior ragione le soft skills in Polonia aprono molte porte, perché sono competenze non scontate. Peccato però che per molti polacchi si pone allora il problema : da chi impararle ?

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